Ricorso  per  conflitto  di  attribuzioni  della regione Toscana in
 persona   del   presidente   pro-tempore   della   giunta   regionale
 rappresentata  e  difesa  per  mandato  a  margine  del presente atto
 dall'avv. Alberto Predieri  e  presso  il  suo  studio  elettivamente
 domiciliato  in Roma, via G. Carducci n. 4, in forza di deliberazione
 g.r. n. 7705 del 13 settembre 1991 contro il Presidente del Consiglio
 dei Ministri pro-tempore per l'annullamento del decreto del  Ministro
 dei  lavori  pubblici  n. 460 del 6 ottobre 1990 "regolamento recante
 organizzazione della direzione  generale  della  difesa  del  suolo",
 pubblicato  nella  Gazzetta  Ufficiale,  serie  generale n. 184 del 7
 agosto 1991, p. 5 e segg.
    1.  -  Nella  Gazzetta  Ufficiale  del  7  agosto  1991  e'  stato
 pubblicato  il  decreto  del  Ministero dei lavori pubblici 6 ottobre
 1990, n. 460  "regolamento  recante  organizzazione  della  direzione
 generale della difesa del suolo".
    Tale  decreto  attribuisce  una  serie  di funzioni alla direzione
 generale della difesa del suolo, la quale non e' altro che la vecchia
 direzione generale  delle  acque  e  degli  impianti  elettrici,  che
 secondo  l'art. 7, primo comma, della legge n. 183/1989 ha assunto la
 denominazione di direzione generale della difesa del suolo.
    Secondo il predetto art. 7, tale direzione "espleta le funzioni di
 segreteria del comitato nazionale per la difesa  del  suolo  oltre  a
 quelle  gia' di sua competenza e a quelle attribuite al Ministero dei
 lavori pubblici dall'art. 5".
    Secondo l'art. 2 del d.m. n. 460/1990  la  direzione  generale  e'
 articolata  in  vari  uffici  e servizi, tra i quali, in particolare,
 cinque uffici territoriali,  ciascuno  avente  competenza,  ai  sensi
 dell'art. 3, su distinti ambiti del territorio nazionale, individuati
 dallo stesso art. 3.
    L'art.  4  disciplina  le  funzioni  e  l'articolazione di ciascun
 ufficio territoriale per le aree di propria competenza.
    Al  terzo  comma,  tale   articolo   stabilisce   che   "l'ufficio
 territoriale esercita altresi' le funzioni in precedenza svolte dalla
 direzione  delle  acque  e  degli  impianti  elettrici  relativamente
 all'area  di  competenza  e,  in  particolare,  quelle   concernenti:
 vigilanza  su  enti  pubblici  e consorzi, sdemanializzazione relitti
 d'alveo e pertinenze idrauliche, dichiarazioni di  pubblicita'  delle
 acque,  elenchi  delle acque pubbliche, concessioni di derivazioni di
 acque  pubbliche,  concessione  contributi  per  dighe  di  ritenuta,
 gestione   sovraccanoni   concessioni   per  impianti  idroelettrici,
 varianti   al   piano   regolatore   generale    degli    acquedotti,
 autorizzazioni  di  elettrodotti, istruttorie per il finanziamento di
 acquedotti, istruttorie e pareri  per  l'esecuzione  delle  opere  di
 competenza  e  per  incarichi  di  studi,  ricerche  e progettazioni;
 predisposizione di elementi istruttori per il contenzioso relativo  a
 provvedimenti   attinenti   all'area   territoriale   di  competenza;
 predisposizione di elementi di risposta  relativi  ad  interrogazioni
 parlamentari nelle questioni di competenza".
    2.  -  Nella parte in cui il d.m. n. 460/1990 organizza totalmente
 le funzioni della direzione generale  del  suolo,  e  in  particolare
 nella  parte  in cui individua le funzioni dell'ufficio territoriale,
 esso   e'   illegittimo   e   lesivo   delle   competenze   regionali
 costituzionalmente garantite dagli artt. 117 e 118 della Costituzione
 e  dalle  norme  interposte,  in particolare da quelle della legge n.
 183/1989,  del  d.P.R.  n.  616/1977  e  dei  precedenti  decreti  di
 trasferimento delle funzioni del 1972.
    L'art. 97, primo comma, della Costituzione, (del quale la corte ha
 piu' volte segnalato il rapporto con la garanzia del buon andamento e
 dell'imparzialita'  della pubblica amministrazione, cfr. sentenze nn.
 88/1989, 728/1988,  161/1982  e  221/1976),  stabilisce  una  riserva
 relativa di legge per l'organizzazione dei pubblici uffici.
    Nel  caso  di  specie,  e'  palese  la  violazione  di  tale norma
 costituzionale. L'art. 7 della legge n. 183/1989 stabilisce che  "con
 decreto  del Ministro dei lavori pubblici si provvede, entro sessanta
 giorni dalla data di entrata in vigore  della  presente  legge,  alla
 organizzazione  della  direzione  generale  della  difesa  del suolo,
 dotandola delle strutture tecniche, degli strumenti, degli istituti e
 delle risorse necessari, tra l'altro, a garantire  il  piu'  efficace
 supporto  della  attivita'  del  comitato nazionale per la difesa del
 suolo".
    Tale norma parla di  strutture  tecniche,  strumenti,  istituti  e
 risorse:   non   parla   mai   di   attribuzione  di  funzioni  o  di
 redistribuzione di funzioni.
    Al  contrario,  il   decreto   ministeriale   impugnato   comporta
 precisamente  l'attribuzione  alla  direzione  generale  del suolo di
 funzioni e competenze. Esso pertanto  interviene  in  un  ambito  non
 autorizzato   dalla  legge,  per  giunta  conferendo  alla  direzione
 generale del suolo attribuzioni che non  spettano  al  Ministero  dei
 lavori  pubblici  ne' sulla base delle leggi che lo hanno istituito e
 lo  disciplinano,  ne'  sulla  base   di   quelle   che   gli   hanno
 successivamente conferito competenze differenziate.
    Ne  segue  che  il  decreto  e' illegittimo, perche' interviene in
 ambiti  riservati  alla   competenza   regionale   costituzionalmente
 garantita  -  come  piu'  specificamente diremo in seguito - e che la
 lesione delle competenze  regionali  e'  aggravata  dalla  violazione
 della riserva relativa di legge.
    Il  provvedimento  ministeriale  n. 460/1990 deve essere impugnato
 dalla regione Toscana, la quale non puo' accettare  che  per  effetto
 del  decreto  vengano ad essa sottratte competenze costituzionalmente
 garantite e riconosciutele sulla base di norme  di  rango  superiore,
 che vengono illegittimamente disattese.
    3.  -  Occorre  partire  dalla  premessa  che,  come  la  Corte ha
 riconosciuto nella sentenza n. 85/1990, la legge n. 183/1989 "non  si
 propone  in  via  principale  di  stabilire una nuova ripartizione di
 materie e di competenze fra Stato e regioni  (o  province  autonome)"
 (punto  4 del diritto) e, pur ponendo molteplici obiettivi imperniati
 sulla difesa del suolo, lascia "fermo ..  nella  sostanza  il  quadro
 generale  di  ripartizione  delle  competenze  fra Stato e regioni (o
 province autonome) stabilito da vari articoli del d.P.R. n.  616/1977
 (o delle norme di attuazione)".
    E'  evidente  che  quello  che non fa ne' vuol fare la legge sulla
 difesa del suolo, non puo' farlo un decreto ministeriale  emanato  in
 attuazione  di  una  norma di tale legge, e precisamente dall'art. 7,
 terzo comma.
    Quest'ultimo,  come  detto,  stabilisce  semplicemente  che   "con
 decreto  del Ministro dei lavori pubblici si provvede, entro sessanta
 giorni dalla data di entrata in vigore  della  presente  legge,  alla
 organizzazione  della  direzione  generale  della  difesa  del suolo,
 dotandola delle strutture tecniche, degli strumenti, degli istituti e
 delle risorse necessarie, tra l'altro, a garantire il  piu'  efficace
 supporto  dell'attivita'  del  comitato  nazionale  della  difesa del
 suolo".
    In sostanza, l'impianto e i contenuti della legge n. 183/1989 sono
 tali, come  conferma  autorevolmente  la  Corte,  da  non  comportare
 alterazioni  delle  competenze regionali in precedenza stabilite, nel
 senso che se pure la legge disponga  articolazioni  parzialmente  di-
 verse  di  tali competenze rispetto al passato, esse non sono tali da
 comportare lesioni alle competenze regionali garantite in materia. Al
 contrario, si e' detto in dottrina che "a seguito della legge-quadro,
 sono state attribuite o confermate alle regioni numerose funzioni  in
 materia  di  difesa  del suolo" (Capria, La legge quadro sulla difesa
 del suolo n. 183/1989, in La difesa del suolo  e  la  politica  delle
 acque in Italia in base alla legge n. 183/1989 in Francia e nel Regno
 Unito, Milano, 1990, p. 33), quali risultano in particolare dall'art.
 10 della legge.
    4.  - Sulla base di queste premesse, la lettura dell'art. 4, terzo
 comma, del d.m. n. 460/1990 induce a ritenere che  il  Ministero  dei
 lavori  pubblici  abbia ignorato la ripartizione delle competenze tra
 Stato e regioni,  violando  la  riserva  relativa  di  legge  di  cui
 all'art. 97, primo comma, della Costituzione e avocando ad un ufficio
 della  riorganizzata  direzione generale della difesa del suolo (gia'
 direzione generale delle acque)  una  serie  di  competenze  che  non
 spettano  allo Stato e che comunque non potevano essere oggetto della
 riorganizzazione disposta col  decreto  ministeriale  impugnato,  dal
 momento  che  i  limiti  ad  esso posti dalla norma legislativa erano
 quelli  relativi  ad  una  riorganizzazione  strutturale,  e  non  di
 funzioni.
    E'  noto  che  il  regio  decreto  16  settembre  1940,  n.   1438
 (ordinamento  dei  servizi  dell'amministrazione  centrale dei lavori
 pubblici), che  "costituisce  tuttora  la  base  di  riferimento  per
 l'ordinamento  del  Ministero"  (Greco, Territorio, difesa del suolo,
 beni ambientali. La riforma del Ministero  dei  lavori  pubblici  tra
 aggregazione  e  scomposizione di funzioni, in AA.VV., Costituzione e
 struttura del governo. La riforma  dei  Ministeri,  (parte  seconda),
 ricerca  del  C.N.R.  dir.  da E. Spagna Musso, Padova, 1988, secondo
 volume, pagina 15),  si  limitava  ad  elencare  le  sette  direzioni
 generali  (divenute  otto  con la legge 13 dicembre 1965, n. 1337) in
 cui  veniva  ricostituita  l'amministrazione  centrale   dei   lavori
 pubblici,  tra  le  quali  era  contenuta la direzione generale delle
 acque e degli impianti elettrici. Com'e' stato ricordato in  dottrina
 (Garri,  L'organizzazione dei lavori pubblici, Riv. trim. dir. pubb.,
 1968, 1037), le competenze di tale direzione, anche dopo  il  d.m.  9
 dicembre  1940, modificato con d.m. 17 dicembre 1948 e con successivi
 numerosi ordini di servizio, erano quelle di cui all'art. 1 del  r.d.
 27  settembre  1929,  n. 1726, in base al quale la direzione generale
 delle acque degli impianti elettrici, cura il  regime  e  la  polizia
 delle  acque  pubbliche  dei fiumi, torrenti, laghi, rivi e canali, i
 progetti e le opere relative alla  navigazione  fluviale  e  lacuale,
 alla  difesa  delle  sponde  e  territori  laterali dalle corrosioni,
 inondazioni ed inalveamenti, alle derivazioni di acque pubbliche e  i
 servizi comunque attinenti agli impianti termoelettrici.
    L'art.  4,  terzo comma, del d.m. n. 460/1990, dopo aver affermato
 che l'ufficio  territoriale  della  nuova  direzione  generale  della
 difesa  del suolo "esercita altresi' le funzioni in precedenza svolte
 dalla direzione delle acque e degli impianti elettrici" aggiunge  che
 tra  tali  funzioni  stanno,  "in  particolare" quelle concernenti la
 "vigilanza su enti pubblici e  consorzi,  sdemanializzazione  relitti
 d'alveo  e  pertinenze idrauliche, dichiarazioni di pubblicita' delle
 acque, elenchi delle acque pubbliche, concessioni di  derivazioni  di
 acque  pubbliche,  concessione  contributi  per  dighe  di  ritenuta,
 gestione  sovraccanoni  concessioni   per   impianti   idroelettrici,
 varianti    al    piano   regolatore   generale   degli   acquedotti,
 autorizzazioni di elettrodotti, istruttorie per il  finanziamento  di
 acquedotti,  istruttorie  e  pareri  per  l'esecuzione delle opere di
 competenza e  per  incarichi  di  studi,  ricerche  e  progettazioni;
 predisposizione  di elementi istruttori per il contenzioso relativo a
 provvedimenti  attinenti   all'area   territoriale   di   competenza;
 predisposizione  di  elementi  di risposta relativi ad interrogazioni
 parlamentari nelle questioni di competenza".
    5. - Orbene, nel caso di specie - come  detto  -  il  Ministro  ha
 proceduto  ad una riorganizzazione della direzione generale del suolo
 che concerne  anche  l'aspetto  funzionale  della  stessa,  mentre  -
 qualora  fosse  stata  rispettata  la riserva relativa di legge posta
 dall'art. 97, primo comma, della Costituzione e dunque  l'indicazione
 di  cui  all'art.  7,  terzo  comma,  della  legge  n.  183/1989 - la
 riorganizzazione avrebbe dovuto limitarsi a profili strutturali e  di
 dotazione di strumenti tecnici e risorse totalmente diversi da quelli
 dell'attribuzione   di  competenze  e  funzioni  che  formano  invece
 l'oggetto dell'art. 4,  terzo  comma,  del  decreto  ministeriale  in
 questione.
    A  questa  violazione del dettato costituzionale si saldano quelle
 correlate alla specificazione, in capo alla  direzione  generale  del
 suolo,  della  titolarita'  di  funzioni  che  ad  essa non spettano,
 perche' non spettano ne' al Ministero dei lavori  pubblici  ne'  allo
 Stato.
    6. - In particolare, in ordine alla funzione di "vigilanza su enti
 pubblici  e  consorzi",  la  indifferenziata  e generica formulazione
 dell'art. 4, terzo comma, attribuisce ad un ufficio del ministero una
 competenza che non risulta ad esso conferita ne' dalle leggi  che  lo
 concernono,  ne'  dalla legge n. 183/1989, e in particolare dall'art.
 5, che le premesse dell'atto impugnato esplicitamente richiamano come
 definitoria delle competenze statali in materia di difesa del  suolo.
 La   formulazione  dell'art.  4,  terzo  comma,  pertanto,  viola  le
 competenze regionali  costituzionalmente  garantite  in  ordine  alla
 vigilanza  su  enti  pubblici  e  consorzi  regionali, costituiti per
 l'esercizio in forma di subdelega o di trasferimento delle competenze
 regionali in materia, o comunque su enti e consorzi che -  per  usare
 la  formulazione  dell'art.  11  della  legge  n.  183/1989,  che  ne
 individua taluni - "partecipano all'esercizio di  funzioni  regionali
 in materia di difesa del suolo nei modi e nelle forme stabilite dalle
 regioni singolarmente o di intesa tra loro".
    Il  potere  di  vigilanza  e'  correlato  alla  titolarita'  delle
 funzioni: se queste vengono trasferite o subdelegate, o  se  comunque
 l'attivita'  di tali enti e consorzi deve essere esercitata "nei modi
 e nelle forme  stabiliti  dalle  regioni",  il  potere  di  vigilanza
 residua  al  soggetto  trasferente  o delegante o che deve indicare i
 modi e le forme di esercizio dell'attivita' degli  enti  e  consorzi,
 cioe' alla regione.
    Poiche',  nell'art.  4,  terzo  comma,  del  d.m.  n. 460/1990, la
 vigilanza su enti pubblici e consorzi non e' individuata in relazione
 alle  specifiche  competenze  degli  enti  o  consorzi  sottoposti  a
 vigilanza,  ma  ha  carattere  generale,  la formulazione della norma
 lascia  ritenere  che  vi  sia  una  appropriazione  di  funzioni  di
 vigilanza   anche   quando  l'attivita'  degli  organi  sottoposti  a
 vigilanza rientra nelle materie di competenza regionale:  il  che  e'
 illegittimo  e lesivo delle competenze regionali in materia di difesa
 del suolo.
    Va aggiunto che il trasferimento delle funzioni di vigilanza  deve
 ritenersi  incluso  nel  trasferimento delle funzioni amministrative:
 cio', del resto, e' stato  esplecitamente  previsto  dai  decreti  di
 trasferimento   delle  competenze  amministrative  dello  Stato  alle
 regioni e, in particolare, in materia di acquedotti e lavori pubblici
 di interesse generale, dal d.P.R. n. 8/1972 all'art.  4:  il  che  e'
 particolarmente significativo, dal momento che ai sensi dell'art. 10,
 ultimo  comma  della  legge n. 183/1989 "restano ferme tutte le altre
 funzioni amministrative gia' trasferite  o  delegate  alle  regioni",
 oltre a quelle indicate dallo stesso art. 10.
    7.  -  In  ordine  alla  "sdemanializzazione dei relitti d'alveo e
 pertinenze idrauliche", valgono le  stesse  osservazioni  di  cui  al
 paragrafo precedente.
    L'attribuzione  generale e indifferenziata di qualunque competenza
 all'ufficio territoriale della direzione generale del suolo induce  a
 ritenere  che  tale  attribuzione riguardi anche beni che la legge ha
 gia' trasferito al demanio regionale e, tra questi, in particolare, i
 canali  demaniali  di  irrigazione  di cui all'art. 12 della legge 27
 dicembre 1977, n.  984:  il  che  ugualmente  e'  incostituzionale  e
 gravemente lesivo delle competenze regionali.
    8. - In ordine alle concessioni di derivazione di acque pubbliche,
 la formulazione - anche qui indistinta e indifferenziata della norma,
 che  lascia pertanto presumere un'attribuzione di competenza relativa
 a tutte le concessioni di derivazione, senza distinzioni di  sorta  -
 viola  le  competenze  costituzionalmente  garantite  alle regioni in
 materia di piccole derivazioni, ad esse gia' attribuite dal d.P.R. n.
 616/1977,  per  effetto  del  quale  alle  regioni  e'  stato   anche
 trasferito il potere di determinare il contenuto dei disciplinari, le
 tariffe di vendita delle acque e i canoni annui della concessione.
    9.  -  In  ordine alle varianti al piano regolatore generale degli
 acquedotti, va ricordato che il d.P.R.  n.  8/1972  aveva  trasferito
 alle  regioni  le  funzioni  amministrative esercitate dallo Stato in
 materia di acquedotti locali e comprensoriali che  interessassero  il
 territorio di una singola regione.
    Restava ferma la competenza dello Stato in ordine ad aggiornamenti
 e   modifiche   del   piano   regolatore  generale  degli  acquedotti
 (introdotto dalla legge n. 129/1963).
    Successivamente il d.P.R. n. 616/1977 (art. 90, lett. a)) delegava
 alle regioni gli aggiornamenti e le modifiche  del  piano  regolatore
 generale  degli  acquedotti  concernenti le risorse idriche destinate
 dal piano a soddisfare esigenze e bisogni  dei  rispettivi  territori
 regionali, nonche' l'utilizzazione delle risorse stesse.
    La  legge n. 183/1989 non ha modificato tale disciplina: cosicche'
 l'art. 4, terzo comma, del d.m. n. 460/1990, nella  parte  in  cui  -
 ancora   una  volta  usando  una  formulazione  erronea,  generica  e
 indifferenziata  -   attribuisce   all'ufficio   territoriale   della
 direzione  generale  del  suolo le fuzioni concernenti le varianti al
 piano regolatore generale degli  acquedotti,  comporta  una  indebita
 generalizzazione che non tiene conto delle competenze assicurate alle
 regioni,  in  applicazione dell'art. 117 della Costituzione, da norme
 di grado superiore.
    Va aggiunto che anche in questo caso non e' dato individuare quale
 sia la fonte primaria sulla cui base viene attributa  alla  direzione
 generale  del  suolo  la  specifica competenza in oggetto rispetto al
 combinato disposto degli artt. 5 e 7, primo  comma,  della  legge  n.
 183/1989:  cosicche'  anche  in  questo  caso,  come  negli altri, la
 violazione dell'art. 97, primo comma, della  Costituzione,  si  salda
 con  la  lesione  delle  competenze  regionali in materia, alla quale
 contribuisce.
    10. - In conclusione, l'art. 4, terzo comma, del d.m. n.  460/1990
 ha   contraddittoriamente   riservato  alla  competenza  dell'ufficio
 territoriale della direzione generale del suolo una serie di funzioni
 che, da un lato, non risultano indicate dalla normativa primaria  (la
 quale   non  consentiva  una  riorganizzazione  di  funzioni,  ma  la
 consentiva nei limiti strutturali  e  di  dotazione  di  strumenti  e
 risorse esplicitamente indicati dall'art. 7, terzo comma, della legge
 n.  183/1989),  ne'  risultavano essere in precedenza attribuite alla
 direzione generale delle acque degli impianti elettrici; e dall'altro
 (e soprattutto), attengono a materie di competenza  regionale,  senza
 che la formulazione della norma possa far ritenere che l'attribuzione
 di   tali   funzioni  alla  direzione  generale  del  suolo  comporti
 l'esclusione delle stesse funzioni, nella parte in cui si riferiscono
 all'esercizio di competenze regionali.
    Tale  formulazione  e'  tanto  piu'  significativa  di  un  voluto
 disconoscimento  delle competenze garantite alla regione in quanto in
 altra parte dello stesso decreto le  competenze  dei  singoli  uffici
 sono  state  esplicitate con ben altra precisione e puntualita' (cfr.
 artt. 5, punti 2 e 3, 6, punto 2, 7, punto 1,  8,  punto  1,  secondo
 comma, e 9, punti 3, 4 e 6).
    Nel  nostro  caso,  invece,  dobbiamo constatare la gia' lamentata
 genericita' e  il  carattere  indifferenziato  del  testo  normativo.
 Contrapposta  a  quella  puntuale  di  altri  articoli  dello  stesso
 decreto, essa  contribuisce  ulteriormente  a  far  ritenere  che  la
 volonta'  del ministro sia stata per l'appunto quella di disconoscere
 in  modo  surrettizio,  ma  non  meno  evidente  e  incostituzionale,
 l'appartenenza  alle  regioni  di  una  serie di competenze che, come
 abbiamo visto, sono invece  ad  esse  garantite  da  norme  di  rango
 superiore, in applicazione dell'art. 117 della Costituzione.
    11.  -  La  constatazione  della  mancata osservanza della riserva
 relativa di legge posta dall'art. 97 della Costituzione, che consente
 il conferimento alla Direzione generale  del  suolo  di  attribuzioni
 che,   nella   loro  formulazione,  ledono  le  competenze  regionali
 costituzionalmente garantite, vale  anche  per  le  residue  funzioni
 previste dall'art. 4, terzo comma.
    Esse  non sono indicate dagli artt. 5 e 7 della legge n. 183/1989.
 Se si dovesse ritenere che  il  Ministro  ha  agito  nell'intento  di
 esplicitare  una  serie  di  funzioni  gia'  attribuite  allo stesso,
 dovremmo anzitutto ripetere  che  il  decreto  ministeriale  esorbita
 dall'ambito  riservatogli  dall'art.  7,  terzo comma, della legge n.
 183/1989, con  violazione  dell'art.  97  della  Costituzione  e,  in
 secondo  luogo,  dovremmo ribadire che nella formulazione della norma
 sono elencate funzioni che non appartengono affatto ne'  allo  Stato,
 ne'  tantomeno  al  Ministero  dei  lavori  pubblici o alla direzione
 generale delle acque  e  degli  impianti  elettrici.  In  ogni  caso,
 l'accorpamento  e  la  specificazione  di  funzioni effettuato con il
 decreto ministeriale in oggetto contengono elementi innovativi  -  in
 ordine  alla  elencazione delle funzioni - sia rispetto alla legge n.
 183/1989 (con la conseguente indicata violazione dell'art. 97,  primo
 comma, della Costituzione), sia rispetto alle precedenti attribuzioni
 della  Direzione  generale  delle  acque,  quali da ultimo risultanti
 dall'articolazione contenuta nel d.m. 26 settembre  1985,  n.  16415,
 non a caso citato nelle premesse dell'atto impugnato. In tale decreto
 non si parla mai ne' di vigilanza su enti pubblici e consorzi, ne' di
 sdemanializzazione  dei  relitti d'alveo e pertinenze idrauliche, ne'
 di concessioni diverse da quelle  di  "grandi"  derivazioni,  ne'  di
 concessione  contributi  per  dighe  di  ritenuta,  ne'  di  gestione
 sovraccanoni.
    Con il d.m. n. 460/1990, il Ministro ha pertanto proceduto, al  di
 fuori   dei  limiti  consentiti  dalla  legge  n.  183/1989,  ad  una
 attribuzione di competenze alla direzione  generale  del  suolo  che,
 nella  elencazione  fornita  dall'art.  4,  terzo  comma, ricomprende
 funzioni che in precedenza non risultavano attribuite alla  direzione
 generale  delle  acque,  ne'  - addirittura - al Ministero dei lavori
 pubblici e allo Stato. Sotto questo profilo, la riorganizzazione  che
 si  esprime  nell'art.  4,  terzo  comma,  presenta i caratteri della
 ricomposizione di disposizioni sparse in un unico testo, che  non  ha
 carattere  meramente  ricognitivo,  ma  importa  una  vera  e propria
 novazione delle fonti preesistenti, anche quando non ne modifichi  il
 contenuto,  dando  luogo  pertanto  (per  usare la terminologia della
 Corte, cfr. sentenze nn. 54/1957 e 57/1964) ad  una  sorta  di  testo
 unico   "delegato"   laddove   invece   era  consentito  al  ministro
 esclusivamente l'esercizio di una attivita' compilativa. Da  essa  il
 Ministro  ha  esorbitato,  dando  vita ad un testo privo di qualunque
 fondamento in una fonte primaria che lo autorizzi come tale, con quei
 contenuti e con  quella  formulazione.  Il  decreto  ministeriale  n.
 460/1990  ha  pertanto  il  carattere  e  il  contenuto di una vera e
 propria fonte  di  produzione,  che  non  e'  consentito  al  decreto
 ministeriale, ai sensi dell'art. 97, primo comma, della Costituzione,
 e  che la regione deve censurare quando - come nel caso - comporta la
 violazione delle proprie competenze.
    In altre parole, il Ministro dei lavori pubblici non aveva  alcuna
 possibilita'  di  redigere un testo unico delle competenze e funzioni
 della direzione generale del suolo (quale  effettivamente  e'  quello
 che  risulta dall'intero testo del decreto ministreriale, anche oltre
 lo  specifico  contenuto  dell'art.  4,  terzo  comma:  cosicche'  si
 giustifica  la  richiesta  di annullamento dell'intero decreto, e non
 solo dell'art. 4, terzo  comma),  con  un  atto  amministrativo,  dal
 momento  che  tale  possibilita'  e' riconosciuta solo se e in quanto
 quest'ultimo abbia carattere meramente compilativo e  ricognitivo  di
 precedenti  funzioni.  Aver  proceduto  alla formulazione di un testo
 unico che contiene l'attribuzione  di  funzioni  non  previste  dalla
 normativa  previgente, integra una ulteriore violazione dell'art. 97,
 primo comma, della Costituzione.
    12. - Va aggiunto che  la  stessa  formulazione  della  norma  non
 indica  che, nella parte in cui le funzioni elencate si riferiscono a
 settori in cui  la  competenza  statale  e  la  competenza  regionale
 possono  interferire  (tale  e',  ad  esempio,  quello  relativo alle
 varianti al piano regolatore generale degli acquedotti), il  ministro
 abbia inteso rispettare il criterio fondamentale, per giunta ripetuto
 dalla  stessa legge n. 183/1989, secondo il quale in ogni caso in cui
 vi siano perseguimenti di obiettivi (e, come ha  ricordato  la  Corte
 nella  sentenza  n.  85/1990, la legge n. 183/1989 "e' essenzialmente
 una legge di obiettivi, poiche' la difesa del suolo e' una  finalita'
 il  cui  raggiungimento  coinvolge funzioni e materie assegnate tanto
 alla competenza statale quanto a quella  regionale")  che  comportino
 punti  di  interferenza  e  di  intreccio  tra  competenze  statali e
 competenze regionali,  vi  debba  essere  una  cooperazione  e  leale
 collaborazione fra Stato e regioni.
    La  Corte ha piu' volte ricordato che il quadro di cooperazione si
 traduce concretamente in garanzie procedurali che comportano  sia  un
 dovere  di  reciproca informazione (cfr. sentenze nn. 730, 495 e 1031
 del 1988 e 201/1987), sia soprattutto la forma dell'intesa di cui  la
 Corte,  in particolare nella sentenza n. 286/1985, ha riconosciuto la
 portata generale affermandone la natura di istituto generale e tipico
 del diritto pubblico e sostenendo che "ogni  qualvolta  concorra  una
 molteplicita'  di interessi eterogenei, riferibili a soggetti diversi
 tutti  di  rilievo  costituzionale,  alla  loro   composizione   deve
 provvedersi  attraverso l'istituto dell'intesa che abbraccia un campo
 piu'  vasto di quello segnato dall'art. 81, secondo comma, del d.P.R.
 n. 616/1977 che si riferisce ad una ipotesi particolare". La Corte ha
 ravvisato la necessita' dell'intesa anche  in  difetto  di  esplicite
 previsioni   normative,  precisamente  in  forza  della  riconosciuta
 essenzialita' e connaturalita'  dell'intesa  al  principio  di  leale
 cooperazione  (cfr.    sentt.  nn. 219/1984, 151/1986, 544/1987, 214,
 612, 1031, 1044 e 1045 del 1988).
    Nel caso di specie, si e'  detto  giustamente  che  "la  legge  n.
 183/1989 delinea - e la Corte conferma - una nuova manifestazione del
 principio   costituzionale  di  cooperazione  fra  Stato  e  regione"
 (Cutrera, una legge per la pianificazione dell'ambiente fisico, in La
 difesa del suolo cit., p. 13).
    In tale situazione, l'assenza di qualunque indicazione,  nell'art.
 4,  terzo  comma,  che attesti l'ambito limitato del trasferimento di
 funzioni  operato  dallo  stesso  articolo  alle  sole  funzioni   di
 competenza  dello  Stato,  e  che  alluda  al  rispetto del principio
 fondamentale  dell'intesa  nel  caso  di  funzioni   che   comportano
 interferenze  e  sovrapposizioni  tra  le competenze dello Stato e le
 competenze  delle  regioni,  deve  essere   interpretata   come   una
 manifestazione della volonta' del Ministro di attribuire ad un organo
 dello  Stato,  in  forma  generale  e  indifferenziata,  una serie di
 funzioni che, in applicazione dell'art. 117 della Costituzione, norme
 di rango primario (tra cui quella stessa legge n. 183/1989 di cui  il
 decreto  pretende  di  essere applicazione), sono state in precedenza
 attribuite alla regione.